08 novembre 2007

Ricordo di Enzo Biagi

di Giuseppe Adamoli
Il mio ricordo di Enzo Biagi è legato particolarmente alla Giornata dello Statuto della Regione Lombardia, 18 marzo 2003, e consegna nel grande Teatro Auditorium di Milano delle Medaglie d’oro al valore civile e del Sigillo Longobardo. Quest’ultimo riconoscimento in particolare viene assegnato a quei cittadini lombardi di nascita o d’adozione che si sono distinti, per generosità e ingegno e hanno portato nel mondo il nome della Lombardia. Fra i prescelti vi era Enzo Biagi, uno dei grandi protagonisti del giornalismo italiano del Novecento. L’onore di consegnargli il Sigillo longobardo spettò proprio a me, perché l’avevo proposto io, suscitando qualche contrasto nell’Ufficio di Presidenza di cui facevo parte insieme ad Attilio Fontana, che lo presiedeva.

Anch’io sento di essere debitore nei confronti di Enzo Biagi di scoperte e rivelazioni che furono importanti nella mia formazione umana e culturale.

Infatti tra i tanti libri scritti da lui ce n’è uno dimenticato ma per me, invece, indimenticabile, “Cardinali e comunisti” pubblicato da Rizzoli nel 1963. E’ il resoconto di un lungo viaggio nelle Repubbliche Popolari di confine con l’Europa occidentale consegnate dagli accordi di Yalta al dominio sovietico: Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia. Di quei mondi si sapeva poco o nulla. Tuttavia il processo di destalinizzazione, avviato da Kruscev , aveva sia pur timidamente aperto qualche varco nei loro regimi polizieschi. Avevo vent’anni e mi affacciavo agli impegni politici e sociali, ero curioso del mondo e in particolare di quel mondo dell’Est europeo che solo sette anni prima aveva conosciuto l’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe di Mosca con un tragico bilancio di morti, di esecuzioni e di repressione. In quei paesi si fronteggiavano sostanzialmente gli uomini dello stato comunista e gli uomini della Chiesa cattolica, costretta al silenzio ma con un radicamento sociale indistruttibile. A Roma si apriva il Concilio Vaticano II.

Enzo Biagi avvicinò il cardinale di Varsavia Wyszynski e il premier della Polonia Gomulka; il primate d’Ungheria Mindszenty, esule nell’ambasciata americana di Budapest e il capo del governo Janos Kadar; l’arcivescovo di Praga monsignor Beran e il primo ministro Antonin Novotny. Raccontò le ragioni degli uni e degli altri, le asprezze e le crudeltà dei regimi ma anche qualche loro ragione. Collocò le loro vicende umane e istituzionali all’interno dei contesti sociali dei rispettivi paesi. Lo fece con quella sua inimitabile capacità di narrare personaggi, fatti e atmosfere, fedele a un principio cardine del suo giornalismo: essere testimoni e non giudici. Con la stessa lucidità e la stessa umanità qualche anno prima aveva raccontato nel “Crepuscolo degli dei” le inquietudini e i dubbi della Germania post nazista alle prese con un tumultuoso miracolo economico. Tutte letture che sarebbero di estremo interesse anche per i giovani d’oggi.

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