21 maggio 2007

Film – recensione di Bruna Alasia

L’ULTIMO INQUISITORE
Con Javier Bardem, Natalie Portman, Stellan Sharsgard, Randy Quaid, Michael Londsdale, José Luis Gomez, Mabel Rivera.
Regia di Milos Forman

Affresco tenebroso, drammatico e seducente, l’opera alla quale Milos Forman ha dato vita attraverso la sceneggiatura di Jean Claude Carriere. Non un racconto biografico su Francisco Goya, bensì la rilettura con gli occhi del grande pittore di un periodo che Forman ritiene “dei più importanti per la storia europea a causa della rivoluzione francese e dell’avvento di Napoleone”.
Fratello Lorenzo, enigmatico e astuto esponente dell’inquisizione – magistralmente interpretato da Javier Bardem – è un sacerdote fanatico, che applica con zelo burocratico la tortura per miscredenti ed eretici, ma si fa coinvolgere dalla passione carnale per una vittima, Ines Bilbatua – la brava e bella Natalie Portman – figlia di un ricco mercante, modella di Francisco Goya, accusata di pratiche ebraiche, convocata, interrogata, torturata dal tribunale della chiesa e chiusa in carcere. Finalmente liberata grazie al vento della Francia rivoluzionaria, che vuole “l’uomo artefice del suo destino” su principi di libertà, uguaglianza e fraternità. Filosofia alla quale, nel tentativo di sopravvivere, è approdato anche il camaleontico inquisitore con integralismo identico al passato. Ma, per volere del caso, egli viene a trovarsi di nuovo tra gli sconfitti, quando la rivoluzione cade sotto gli zoccoli della cavalleria inglese.
“L’ultimo inquisitore” o “Il fantasma di Goya”, ambientato nella Spagna tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, narra l’epica storia di un gruppo di persone che hanno conosciuto gli anni dell’inquisizione spagnola, l’invasione delle truppe napoleoniche, l’ insediamento al trono di Spagna del fratello di Bonaparte, la sconfitta francese e la restaurazione della monarchia spagnola ad opera del potente esercito del duca di Wellington. Sorta di io narrante, trait d’union tra i protagonisti, il grande pittore – un convincente Stellan Skarsgard - apolitico testimone del suo tempo, unicamente fedele all’arte, come un odierno reporter di genio. Il film ha i colori, le atmosfere delle tele evocate, ricalca in maniera sensuale e suggestiva il sapore, il dolore del tempo, come un quadro di Francisco Goya sulla scena movimento.

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