29 gennaio 2007

Leopoldo Pirelli

di Antonio V. Gelormini

Leopoldo Pirelli era nato a Velate, un borgo di Varese, nella splendida villa degli Zambeletti, la famiglia di imprenditori farmaceutici cui apparteneva la madre Ludovica. Rampollo della pura aristocrazia imprenditoriale milanese, con Enrico Cuccia e Gianni Agnelli ha costituito il triumvirato e cuore del “nocciolo duro” dell’economia italiana del dopoguerra.

Discrezione e riservatezza, in perfetto stile calvinista, lo hanno sempre caratterizzato insieme ad una costante attenzione alle fasce sociali più deboli. Capitano d’industria per eredità familiare, a Gianni Agnelli lo accomunava non solo una profonda ed affettuosa amicizia, ma anche la singolare situazione di non poter contare su un erede diretto per il futuro delle loro aziende.

Ossessionato dalla dimensione industriale, come fattore determinante per competere con i colossi d’oltre oceano, diversi sono stati i tentativi di joint-venture con prestigiosi marchi internazionali. Fino al disastro della scalata alla Continental, che aprì le porte alla crisi della Pirelli (fu allora che il figlio Alberto gettò la spugna, sotto il peso di un’imponente esposizione debitoria).

E’ l’ascesa del genero Marco Tronchetti Provera, imposto anche dalle alchimie finanziarie di Enrico Cuccia, ed è contestualmente il cambio di rotta dall’ossessione della dimensione alla temerarietà della diversificazione. Tra dismissioni, conversioni e new asset all’odierna Pirelli hanno cambiato le gomme. Corre più veloce, ma il rischio di uscire di strada si nasconde al di là di ogni curva.

L’erede trovato, non sempre è quello sperato.

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