02 luglio 2006

Beniamino Gigli, la voce completa

di Bruno Belli, tratto da La Prealpina del 25 ottobre 2005

Benimino Gigli è stato uno dei massimi tenori del Novecento. Senza esagerare, assai difficilmente, vi è altro cantante lirico che abbia saputo eguagliare e la sua fama e, soprattutto, la sua popolarità: forse, Pavarotti, ma, sicuramente, con minore capacità di “adattare” il proprio linguaggio vocale a diversi repertori. La sua è stata una di quelle voci che, dal Romanticismo a oggi, hanno dato luogo al mito, ed al culto, del tenore italiano.
Anche perché Gigli, oltre alle doti che rammenteremo, si servì, con grande intelligenza e spirito “pionieristico”, dei nuovi mezzi che la tecnica offriva: dalla registrazione discografica, quindi, alle esibizioni radiofoniche, al cinema. Anzi, molti conoscevano Gigli perché lo avevano visto recitare – e cantare – in alcuni film. Cantare, sì. E come cantare! Ancor oggi, mutate molte impostazioni del canto, recuperato uno stile meno “stentoreo” e “di posa” (grazie allo stimolo, negli anni cinquanta del secolo scorso, d’artisti come la Callas, la Simionato, la Caballè, Victor De Sabata, Tullio Serafini e Gianandrea Gavazzeni), ripulita l’espressività dal peggiore ciarpame verista (si parla di “peggiore”, in altre parole delle incrostazioni “falso-veriste” che certi guitti vendevano per “realismo”, ma che, infine, era l’urlo “uterino” o il “ruggito” del re di borgata), Gigli sorprende per la purezza della linea espressiva, per la capacità di certe frasi esposte quasi a fior di labbra, per talune “mezzevoci” che i suoi contemporanei si sognavano di poter emettere.
Infatti, a sessant’anni di distanza, la sua lettura d’opere come “Un ballo in maschera”, registrata già in “fase calante” (era il 1943 e Gigli contava 53 primavere), rimane termine di paragone per i tenori a seguire: un Riccardo veramente aristocratico, appassionato, ma pur sempre “signore”, è la figura che ne esce, capace di far vibrare possenti e luminosi acuti (alcuni oltremodo tenuti, ma, ormai, era un “divo” e ai “divi” si sa, proprio per la loro parte “ultraterrena”, si può concedere tutto) accanto a frasi sospirate come potrebbe dirle l’amante più ricercato nella complicità dell’oscurità d’un alcova (si ascoltino, a tal proposito, momenti come “Amelia, dessa!”,”raggiante di pallore”, “Non sai tu che l’anima mia”, “Ella è pura, in braccio a morte”).
Perfetta omogeneità di registri, smalto limpidissimo, timbro dolcissimo e delicato, ma anche pieno, pastoso, intenso, sonoro: queste le caratteristiche di una voce “unica” che ci ha lasciato vibranti letture di “Dai campi, dai prati”, “Se tu mi doni un’ora di riposo” (dal “Mefistofele” di Boito, con cui, nel 1918 debuttò alla Scala sotto la direzione di Toscanini), “E lucean le stelle”,”Di quella pira”, ma che è in grado di farci ascoltare anche come sapeva interpretare un repertorio posto agli antipodi, Mozart. Il suo Don Ottavio – e chi scrive si rammarica che non abbia inciso la parte di un “Don Giovanni” sui dischi – è il punto di partenza per i successivi Benelli e Kraus (e scusate se è poco!): “Dalla sua pace” è la personificazione del sospiro, della vita e della morte chiamate in causa dal personaggio, “Il mio tesoro intanto” è pura emissione d’un fiato che controlla la coloratura iperbolica come se stesse bevendo il classico “bicchier d’acqua”.
A tanto interprete, così grande che non si può certo riassumere in un intervento di questo tipo, “Zecchini Editore” dedica uno splendido volume firmato da Luigi Inzaghi, insigne musicologo che ci ha già fatto conoscere il “Carneade” Camillo Sivori.
Inzaghi, definiti da Quirino Principe “insuperabile conoscitore di musica strumentale italiana, saggista dallo stile disciplinato e sobrio e brillante biografo”, pecorre la vita di Gigli, ne scandaglia la carriera, ne mette in risalto le doti, in un volume completo che, oltre alla discografia, riporta la filmografia, un’eccellente bibliografia, la cronologia e l’elenco di tutti i documenti reperibili riguardanti l’artista, oltre ad un repertorio di immagini eccezionalmente vasto che fanno dimenticare il costo di 59 euro del volume, d’altra parte spiegabile data la corposità del testo e dell’intervento di curatela.

(Beniamino Gigli, Luigi Inzaghi, Zecchini Editore, 59 euro, p. 607, 2005)

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