04 luglio 2006

"Il militante" di A. Helman

“Il militante” di Alfredo Helman si potrebbe definire una biografia, o come vorrebbe l’autore, un testamento. Ma forse sarebbe più corretto chiamarlo “Storia” con la S maiuscola. Nella vita di Helman è infatti passata la Storia, attraverso i volti e le parole dei personaggi con cui è entrato in contatto, primo fra tutti quelle del comandante Che Guevara, ma anche di molti altri, famosi e non, alcuni qui rievocati perché amati, stimati, rimpianti.
Un passato da guerrigliero illustre, quello di Helman, tanto da guadagnarsi una menzione in “Diario in Bolivia” di Che Guevara e una, 30 anni dopo, nel saggio sul mito di ogni rivoluzionario “Senza perdere la tenerezza” di Paco Ignacio Taibo II.
Ne “Il Militante” racconta la sua gioventù, che lo ha portato in Cina da Chu En Lai (braccio destro di Mao), a Mosca da Kruscev e a Bratislava dove nel 1953 ha conosciuto un giovanissimo Enrico Berlinguer. Ma anche a Santa Clara, Cuba, per un addestramento come guerrigliero con il fucile in braccio e un sogno in mente: riportare il medico argentino nel suo paese natale e avviare una rivoluzione basata più sulla forza della persuasione che sulla lotta armata. Una rivoluzione in odore di utopia. Helman è geneticamente comunista, la sua militanza nel partito lo ha portato a contatto con paesi in cui l’ideale di sinistra si è trasformato in realtà. Una realtà che si è rivelata non sempre idilliaca come si sarebbe voluto. Per questo, e forse per l’ostracismo del partito comunista argentino nei confronti di Cuba, Helman decide, con tre compagni e un centinaio di seguaci, di fondare un gruppo guerrigliero e inizia l’addestramento a Santa Clara:

“ Noi giovani – racconta Helman – dormivamo in una caserma messa a disposizione da Fidel Castro, ci allenavamo a lunghe marce su terreni impervi e a sparare con i fucili F.A.L., in dotazione all’esercito argentino al quale avremmo dovuto rubare le armi se Guevara fosse riuscito a esportare la rivoluzione. Siamo rimasti a Cuba 3 o 4 mesi, e in quel tempo un cubano aveva informato via radio il “Che” che un gruppo di guerriglieri si stava addestrando per unirsi a lui.. E’ così che ha saputo di me: ero il capo di uno dei quattro gruppi che avrebbero dovuto raggiungerlo in Bolivia. Poi si sono interrotti i contatti Cuba-Bolivia……”
Nel “Diario”, il Che racconta infatti di dover prendere contatto con 4 gruppi e cita i nomi dei “capitani”: quello di Helman è leggermente storpiato. Appare come Jelman (in spagnolo la J si pronuncia quasi come una h aspirata) e solo 30 anni dopo Taibo II rettifica, dicendo che si trattava di Alfredo Helman.
Questo piccolo errore gli ha probabilmente salvato la vita. Anche se, qualche anno dopo, un traditore della rivoluzione cubana ha venduto alla Cia il suo passato di guerrigliero costringendolo a una fuga precipitosa. Che dopo varie soste lo ha portato in Italia, sulle colline di Camaiore (LU).
Moltissimi sono gli episodi raccontati nel libro, tutti permeati di ironia e a volte intrisi di delusione. Una delusione che diviene un’energia tesa al cambiamento e al rinnovamento, senza mai dimenticare gli esempi di coloro che per questo hanno sacrificato la vita. “Il militante” è infatti un omaggio “agli amici e ai compagni che caddero lottando”, al loro sangue, ai loro ideali.

Al centro di tutto, ovviamente, l’Argentina, dagli anni cinquanta, con il governo di Perón ed Evita, fino ai nostri giorni. E’ la nostalgia ad emergere da ogni riga, nostalgia per una terra che l’autore vorrebbe “prospera e felice”, ma in cui non tornerà, perché troppo è cambiata e perché lui stesso ormai è cambiato. E con la nostalgia emerge anche l’orgoglio di essere comunista nel profondo, nel cuore e nella pelle.

(Il militante – A. Helman – Edizioni Clandestine – Euro 13.00 – p.180 – 2005)

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